domenica 24 gennaio 2010

uhm

C'è una sorta di bellezza nascosta, e decadente, nell'atto di precipitare nel baratro più scuro, e farlo con noncuranza, indifferenza, abbonamenti della metropolitana, routine.

sabato 23 gennaio 2010

w.i.p.

Questo non lo vuoi mai ricordare, perché sono stato molto più furbo di te.
Anche se poi lo so che voi donne non fate altro che cercare pretesti, per scaricarvi un po' la coscienza. Fatto sta, che il piazzale con la vista sul mare non te l'aspettavi.

*** io e te abbracciati, nel silenzio del mare più nero e profondo, nel cielo nero e limpido trapuntato di stelle argentine, e l'universo intero che si sposta a destra e sinistra, mentre balliamo un po', e poi ancora un momento, e un cane che ci passa vicino, le portiere della macchina aperta e una canzone che si diffonde mentre danziamo, e non c'è assolutamente niente che può scalfirci, assolutamente nulla che può farmi male, mentre mi baci, mentre ti bacio, e il mondo e le bestie e tutte le creature si mettono in ginocchio attorno a noi. Gesù, stavolta mi sono proprio innamorato.

mercoledì 20 gennaio 2010

Arms



I taxi della Ford sono gialli e rifiniti molto male, dietro è un tripudio di finta pelle e plasticacce incollate, e noi avevamo le nostre buste nere di ralph lauren, e lei un cappotto nero, ed era stesa su di me. A sinistra le sbucava il filo nero di raso, sotto al maglione e prima dei jeans, una regione che neanche Amundsen ha desiderato così tanto, e intanto il traffico non scorreva, e il tassametro andava, e non me ne fregava assolutamente niente. Lì il tempo, che di solito corre troppo veloce, si è veramente fermato. Lì, con una maturità e un'intelligenza degna di Temistocle, capii che non dovevo baciarla, perchè sarebbe rimasto tutto a New York, e noi non saremmo rimasti lì più di 3 ore.

Tipi.

"Ci vediamo domani. Baci."
Stefanietta è proprio bella. E' piccola e sofisticata, e bella come una bomboniera. E' dolce e moderna e viziata, e stesa sul letto sta divinamente, una porcellana, i suoi grandi seni che strabordano dalle maglie sempre un poco strette, sensuale, le labbra piccole e vogliose, gli occhi profondi e quella specie di voglia che ti comunica sempre. Ciao ciao.
Mi sono inventato una strada assurda per accompagnare prima lei. Su questo grande vialone dai lavori perennemente in corso si avvicendano i lampioni, la luce ambrata che si avvicina e scappa sulla mia macchinetta bianca e anonima, le buche che mi prendono e mi scansano, i marciapiedi, e qualcuno che cammina, anche se è così tardi, anche se non è ora.
Devo accompagnare ancora un'altra persona a casa. Ma mi tiene la mano.

"Santo cielo, perchè porti la cravatta?"

Certe mattine proprio non va.
Certe mattine il sole ti entra negli occhi dalla finestra, e ti svegli. Guardi l'orologio e dici: troppo presto.
Poi riapri gli occhi e guardi l'orologio. Troppo tardi.
Camicia aperta due bottoni su, due bottoni giù. Cade l'asciugamano.
Prendo l'asciugamano, il dentifricio macchia l'ultima camicia pulita. Bestemmia.
Che faccia indosso stamattina? La mia preferita: faccia malconcia e sbiadita, con due giorni di barba e delle spaventose occhiaie. Io odio le trasferte. Io odio le stanze tutte uguali degli alberghi, le mezze pensioni, la cortesia. Odio tutto questo e non riesco a conviverci; detesto fare un milione di chilometri per rinchiudermi dentro un palazzo identico a quello dove vado tutti i giorni. Mi fa sentire idiota. E poi sono nervoso. E poi la gente mi odia.
Il problema è che a fare queste cose mi sento costretto; un soldatino di stagno, tra tanti soldatini di stagno. Un perfetto imbecille della società contemporanea che si mette ad ascoltare idiozie dette da idioti da un podio del centro congressi.
Pantaloni vecchi, bottone chiuso, zip aperta ("Mi scusi, signore, credo dovrebbe controllare i suoi pantaloni"). Un brutto nodo alla cravatta , la giacca spiegazzata sulla schiena.
Profumo profumo profumo.
L'ultima cosa che ho pensato uscendo dalla nuvola di Allure è stata: "Tanto che mi importa? non conosco nessuno lì sotto"

lunedì 18 gennaio 2010

hasta luego.

Good times for a change.
Meno male che c'è Morrissey.
Quanto caffè che sto bevendo; quante pause sto facendo. Cose che si trovano nell'ordine sulla scrivania:
- bottiglietta di plastica vuota
- peluche ottenuto in sinallagma di una cosa enormemente più costosa (in euro)
- calze di lana bucate sul tallone destro (sporche)
- Storia della letteratura italiana in antichissima e consunta edizione del 1929.
- ricordi e pensieri, e la mia coscienza sporca.

Lunga la barba, lunghissime le pause, snervanti le attese. Una coltre di silenzio e di polvere sta coprendo tutto fittissima. L'appartamento a fianco evangelizza camera mia con musica dozzinale a volume spaventoso, e non ho voglia di bussare al muro, e poi alla porta, e poi scusi, sa, sono impegnato, sto scrivendo una cosa importante, poi ho delle cose a breve indi per cui..

Un poster di Santo Domingo mi guarda con fare indulgente, dall'alto. Certo che potrei venire, lo so che potrei tornare. Una casetta, il mare, la barriera e le immersioni, svegliarsi presto, l'alba, la spiagga, il falò. Certo che vorrei tornare, anzi, ci stavo pure pensando.
Poi le cose non sono andate come avrebbero dovuto.

(...)

Ogni mattina imbocco nel serpente tetro e assonnato della metropolitana. La gente non sorride, fredda. Tutto mi sembra uguale, grigio e azzimato, nei volti segaligni degli zingari che mi chiedono l'elemosina, nelle facce stanche dei passeggeri, nelle centinaia di cuffiette attaccate ai loro orecchi, nei colori scuri degli ombretti e delle occhiaie. Che cos'è questa gente, se non comparse, fondali, caratteristi di qualche vita migliore. Che cosa sono questi, se non i figuranti delle storie di pochi eletti che hanno avuto tutto.
Io sono stato uno dei migliori, per un po'. Sono stato indifferente e disincantato di fronte al mondo; e questi non ha potuto fare altro che stendersi ai miei piedi. Ho avuto il coraggio di fare astensione davanti a quanto più invitate e pieno ci fosse; e desidero e lussuria han dovuto rincorrermi. Ho finto disinteresse verso chi aveva tutti attorno; e costei ha rotto il cerchio di lacchè che aveva attorno, e mi è crollata tra le braccia.
Per qualche attimo ho potuto assaporare la perfezione memorabile e piena, per qualche istante sono stato re, principe, barone e duca; per qualche momento ho guardato queste vite miserabili e vane, questo incedere di posti fissi e di mogli obese, di figli problematici e ragazzine bulimiche, di adolescenti idioti e di vecchi rincoglioniti, di pendolari stravolti di questa metropolitana; ecco, ho detto, guardatemi con ammirazione e con vanto; poiché io sono il migliore di tutti, io sono più in alto di tutti. Ho tirato in fuori il petto, e sono stato alto e nobile, e ho avuto il collo ornato d'ermellino e di porpora rossa; e poi d'improvviso tutto se n'è andato, è fatto buio, e sono rimasto solo, a terra, sul selciato cosparso dei cocci di quello che per me è stato.

venerdì 8 gennaio 2010

Paradise, lost

Una serratura (s.f.) è un congegno atto a tenere chiuso, assicurato, un vano, una porta, un locale, un luogo. Generalmente una serratura è formata da un vano cilindrico, all'interno del quale molle di differenti altezze tengono sospesi dei dentini. L'inserimento di una chiave opportuna ne determina lo sblocco, e la conseguente apertura del serramento.

L'effrazione di una serratura è possibile in due possibili modi o maniere. La prima consiste nell'impiego di una chiave a cifrature profonde, che consente di trasmettere il movimento dall'esterno all'interno della camera, sollevando i cilindri; la seconda è quella di forzare la serratura con un cacciavite, un martello o altro elemento in grado di portare a termine l'effrazione.

I ladri che mi hanno sfondato la macchina non sono andati tanto per il sottile; da quando mi hanno vandalizzato la macchina, per chiudersi la serratura ha richiesto più tempo e più fatica.


L'ultima volta che sono venuto qui le serrature erano ancora a posto. Ho posteggiato esattamente nello stesso modo e tra le stesse strisce blu. L'aria gelida sibila con perfidia in cima alla collina, che si apre sul grande campo, sul prato, sul declivio; poiché è notte non pagherò nessun tagliando. Dall'altra parte della strada una statua di Mazzini mi guarda accigliata, mentre infilo le mani screpolate nelle tasche comode e grandi di questa mia giacchetta. Condivido la sua preoccupazione.


A margine della piazzetta c'è una grossa arteria che scollina proprio davanti al patriota; la strada a tre corsie ha cento efelidi di macchine che mi passano davanti. Automobili l'altra volta non ce n'erano; ma era molto più tardi. Aspetto indifferente che siano passati tutti; il momento giusto sembra arrivare, sta arrivando, poi dall'incrocio sbuca una macchina che sale in un sommo sforzo di velocità. Sfruttando un paio di semafori e di coincidenze riesco a passare. La gente non su questa strada non si ferma quasi mai; e certo che farsi investire qui sarebbe davvero di cattivo gusto.

Lei non approverebbe.


(sospiro)


Il vento gelido e feroce che mi prende a schiaffi una volta è stato una brezza tiepida e delicata, un caldo alito di giugno. Io ti tenevo il cotone leggero del coprispalle, mentre tu ancheggiavi sinuosa verso questa panchina, e com'eri bella. Se avessi avessi avuto tutte le parole del mondo sarei rimasto comunque zitto; perchè di alcune cose non si può parlare; poichè di tutto quello di cui non si può parlare, bisogna stare zitti. Il buio atroce che adesso mi preoccupa è stato un'intimità delicata interrotta solo dallo sguardo indulgente della luna. Un gruppo di ragazzi ai piedi della collina cantava Battisti; un'idea così smielata non mi sarebbe venuta in testa neanche pagandoli.


Dov'è finita la ragazza che abbracciavo, ora che mi tengo stretto per conservare un po' di calore? Le mani foderate dai guanti erano libere di toccarti eccitate; i brividi di emozione che mi prendevano ora sono il tormento e lo scuotimento di questo freddo di dicembre. Eppure più della sciarpa hanno potuto i tuoi baci sul collo


Su questa panca ci siamo seduti, e su questo lastrone di marmo ci siamo toccati avidamente; mi hai stretto forte con le tue braccia sottili e ti sei messa a pensare; io non ho potuto fare altro che cingerti le spalle e sospirare un po'. Poi ti ho accarezzata un po' con la testa, come avrebbe fatto un animale affettuoso, e poi ti ho tenuta stretta, sentendoti pensare; perchè ogni volta che pensi ho paura; e ogni volta che ti bacio, ho paura che sia l'ultima.

Anticipazione \ daydreaming

E fu così che si abbassò la zip del pigiama.
David Bowie, Marx e pure Maradona, tutti loro sarebbero stati orgogliosi di me.

giovedì 7 gennaio 2010

Il centro esatto dell'Universo.

Casa mia ha un letto grande e spazioso, con una grande trapunta color panna, e che prende la più gran parte della stanza e l'occhio dell'osservatore perché risulta piazzato proprio al centro.
Il letto è posticcio; fa parte delle varie cose che ho assemblato, o comprato, o pulito, o spostato quando sono venuto qui a settembre. Prima c'era un grande spazio vuoto che ho riempito con mobilacci dell' Ikea, di cui uno o due hanno persino una qualche pretesa di design. La mia robetta pagata pochi spiccioli fa a pugni col resto della casa che è bella e nuova, ma fa nulla. Ho comprato un tavolo enorme, profondo quasi un metro, e ci ho messo su una bella lampada da ingegnere, col suo scheletro di metallo e la sua lampadina a incandescenza. Seppure enorme, il tavolo è sempre zeppo delle mie cartacce, e mi sembra sempre troppo piccolo.
Forse la ricchezza è avere un tavolo gigantesco sul quale appoggiare tutte le proprie cose.
Tavolo e letto sono il grande campo di battaglia della vita; ci passo tutte la giornata sopra. Mi siedo al tavolo, lavoro, poi mi stendo sul letto, tutto nel raggio di mezzo metro; ancora non ho capito se tutta questa modernità e praticità è meravigliosa o se sono un coglione (più probabile la seconda).
Oltre alle fragole del post precedente, che sono già finite, c'è il lungo cavo dell'alimentatore del computer, una ciotola macchiata dove avevo un po' di cibo, e il calco della mia figura, una specie di sindone nel letto ancora in ordine da stamattina. Poi ci sono i miei post-it, il quieto disordine dovuto ai troppi libri e le troppe cose, e poi una valanga di miei pensieri, che scivolano sui miei mobili, che covano nel mio letto, che si abbronzano sotto la luce artificiale di queste lampade, che si affacciano dal grande terrazzo di casa mia, e che chiedono pietà, luce, e un attimo di quiete, poichè non riesco a fare altro che pensare a lei.

Grand Finale

Mentre sciacquavo le fragole ho pensato - Beh, in realtà sembrano pulite.
Non sono un grande esperto di fragole.
Vivo da solo. Un appartamento grande e spazioso, ai margini di una città grande e spaziosa. Si sa che quando si è giovani non si può avere tutto. Una casa bella è grande, nuova, in centro. Quando si è giovani non si può mai avere tutte queste cose insieme. La mia è grande e bella, quindi come avrete capito, sono a mezz'ora di automobile e tangenziale da tutto quello che ha un significato nella mia vita: il lavoro, l'università, le persone.
Giulia.