domenica 24 ottobre 2010
Forse un giorno ripasserò, ma spero sarà assai tardi.
Non so come si senta un cavaliere che smonti da cavallo, o un soldato che perda la guerra, o un ragazzino deriso dai compagni, o una donna offesa dalle amiche. Ma della mia aria spocchiosa e tronfia non resta più niente; un giorno forse farai una festa e poi sparirai per sempre, e io piangerò per due giorni, e per me e molto strano, perché di solito non piango mai, e non temo nessuno, ma più di tutto il male che il mondo può farmi ho un'innocente paura di perderti.
lunedì 7 giugno 2010
Forse dovrei riprendere la buona abitudine di mettere i titoli ai post.
Quando ho comprato questo grande terrazzo, con queste grandi tende e questa siepe, che da tanta parte il guardo esclude, non l'ho fatto per le serate come questa, in cui mi siedo con del vino in mano a guardare il cielo cattivo e senza stelle.
Non l'ho fatto per serate come questa, mentre sento da lontano dei ragazzi che improvvisano un concerto. Non l'ho fatto per vedere da quassù le ragazze che ballano attorno al fuoco con le loro gonne da gitane, con i loro capelli lunghi, e gli orecchini e il vino da due soldi. Non l'ho fatto per questo rumore di batteria che arriva da lontano, scatenato e quieto, e così lontano. Neanche l'ho comprato per quelle cene che ogni tanto organizzo, lo sai che cucino così male, e che ho preso l'abitudine di comprare tutto o di far venire qualcuno a cucinare.
Non l'ho fatto per la sigaretta che tengo in mano adesso e che è una luce qualsiasi di questa città che lotta contro il cielo mai sopito.
Quando ho comprato questa terrazza, dolce donna, l'ho fatto solo perché ti ci avrei voluta portare. L'ho fatto solo perché saremmo stati soli e ormai le luci non funzionano più. Nel buio avresti dovuto tenermi la mano. Nel buio avresti sentito anche tu questa canzone lontana e avresti ballato con me. Poi, quasi con sorpresa, ci saremmo baciati. Vuoi sapere a che serve questo terrazzo? Questo terrazzo serve a farci stare insieme. Serve a farci ballare e a farti ridere quando ti pesto i piedi. Serve a farti barcollare quando bevi, serve a me quando ti toccherò il sedere. Serve a noi quando ci avvinghieremo su questa panchina, serve a far scricchiolare queste sedie vecchie e serve a farti correre attorno a queste vele e a questi alberi. Serve a farmi avere paura in mezzo a tutte queste corde dove puoi inciampare. Quando sono accanto a te ho come una certa paura, come se tutto sia fragile e tu, toccandoti, potessi romperti.
Questo terrazzo sarebbe servito ad essere felici quando fa caldo, a stare insieme, e a guardarlo con desiderio e nostalgia d'inverno, quando è ghiacciato e bagnato e freddo, e tu comunque puoi fumare in cucina, se vuoi. Questo terrazzo sarebbe stato solo l'ennesimo palco della nostra felicità. E invece me ne sto qui da solo, col bicchiere e la sigaretta, a guardare ancora una volta questo cielo senza stelle, con i gomiti sulla balaustra, e ti penso.
domenica 30 maggio 2010
Gente che sa esattamente quello che deve fare.
Ci sono persone che riescono a programmare la propria vita e le proprie cose, ad avere piani per tutto, a gestire con esattezza sentimenti e sensazioni, a scrivere meravigliosi calendari di carta per scandire ogni lavoro. Ci sono persone che sanno quello che fanno, che compiono quello che vogliono e, se non hanno qualità, sopperiscono con la forza.
Io, di parte mia, non ho mai avuto questo valore, e la mia sregolatezza non è certo un vanto da bohemienne, ma un limite pesante, e un cruccio di cui chiederò conto a Dio o a chi per lui, un giorno. Non so quale peccato ho compiuto per meritarmelo, ma la mia vita è un grande saliscendi, fatto di corse repentine e di stasi preoccupanti, di giorni che cominciano alle 10 senza un senso e di levate repentine. Ho provato di tutto e non funziona, e mi vergogno, mi vergogno in maniera spaventosa delle mie mancanze, e del tempo sprecato, e dei miei difetti, e dell'impossibilità di compiere le cose. Come un calciatore giovanotto, cui il destino ha dato un piede buono e cui la notte è sempre troppo corta, passo da brillanti affermazioni a cadute spaventose; e su tutto questo, mi percuote la paura di sbagliare, di non incidere, e di passare. Io sono Evaristo Beccalossi, e come la mezzapunta dell'Inter faccio e disfo, mi esalto e cado, e tutto sommato non sono che nessuno.
Tra due giorni si decide la mia vita e tu non ci sei, Giulia. Io mi sento sempre solo e penso, mia cara, che su questo letto non ho mai voluto sesso, anche se ripenso ai giorni lieti in cui eri mia.
Quello che volevo era il tuo affetto.
giovedì 22 aprile 2010
E' stato allora che ho mentito.
Ho mentito a me stesso e a loro. No, signorine, affatto, non sento affatto la solitudine, al mattino. E' semplicemente la mia vita, signorine. E' solo un letto grande.
Quante palle che vi ho detto, signorine. La verità è che mi uccide avere due cuscini alla propria sinistra, al posto di una persona. Il fodero di cotone fa delle forme strane che nella luce che trafila dalle persiane diventano un corpo sinuoso dalla svelta pelle ambrata, dai lisci capelli castani. Bisogna essere sognatori o disperati per accarezzare un cuscino, ed io lo sono entrambi, e poi mento, mento spudoratamente a tutti, comincio a sorridere e rido di un riso ilare, e la gente sembra amarmi, e la gente mi apprezza.
Che diritto hanno loro di sapere la verità. Che diritto hanno loro di provare la vicinanza, la pietà, l'empatia, il dolore. Che diritto hanno loro di giudicarmi per quello che sono e sto diventando. Nessuno.
Ed è per questo che non sapranno nulla. Che cosa vogliono sapere, la mattina mi sveglio fresco, bellissimo, e sorrido davanti alla spada di una nuova giornata che incombe.
mercoledì 7 aprile 2010
una felpa.
stretta è la via
Tu mi guarderesti con un riso indulgente e, datomi del cretino, mi lasceresti entrare.
Vorrei abitare a via Ajaccio per farmi una mia vita di piccole cose, una vita nella quale puoi esserci tu e sembrare meno distante. Ti aiuterei a portare le casse d'acqua quando fai la spesa. Insieme ce ne andremmo a braccetto tra questi palazzi, questi monumenti di colore e anonimato, questi palazzetti eleganti e borghesi, belli e così scomodi da abitare, con le loro mura spesse e con i loro conti della manutenzione sempre così elevati. In primavera potresti uscire per la prima volta con le spalle scoperte, e io ti darei sempre la mia maglia al primo fresco. Faremmo discorsi banali sul tempo che cambia e sul tempo che passa, e ogni tanto ne diremmo qualcuna di politica, o parleremmo di libri. Berremo di sicuro tanto vino, anche perchè il bianco ti piace molto.
Avrei un balconcino che dà sul cortile interno. La sera ci appoggeremmo alla balaustra mentre fumi una sigaretta, e cingerei la tua vita stretta e veloce, pensando alla gioia e al piacere e alla passione e a tutte le altre cose quando ti bacio una guancia. Hai il vezzo del rossetto, poco prima di avvicinarti. E' di un colore neutro che sta così bene con la tua pelle.
Tutto questo penso spesso, mentre passo per questa via ora cupa e dimessa, giochicchiando con le chiavi per cercare la mia macchina. Un'altra sera volge al termine e, mestamente, mi allontano da questi luoghi. L'autoradio mi sussurra qualcosa, mentre imbocco l'autostrada. Se solo si trattasse di una casa, penso che lavorerei di più per affittarne una. Credo che la situazione sia in realtà leggermente più complicata.
sabato 20 marzo 2010
Morellino di Scansano.
E' vero che lo faccio con tutte, ma, con te, è diverso. E non conosco nessuna maniera per dimostrartelo; però, se vuoi, fidati.
giovedì 4 febbraio 2010
Tutta Colpa del Panda.
Ho cambiato due passaporti e tagliato i capelli.
mercoledì 3 febbraio 2010
lunedì 1 febbraio 2010
+1
domenica 24 gennaio 2010
uhm
sabato 23 gennaio 2010
w.i.p.
Anche se poi lo so che voi donne non fate altro che cercare pretesti, per scaricarvi un po' la coscienza. Fatto sta, che il piazzale con la vista sul mare non te l'aspettavi.
*** io e te abbracciati, nel silenzio del mare più nero e profondo, nel cielo nero e limpido trapuntato di stelle argentine, e l'universo intero che si sposta a destra e sinistra, mentre balliamo un po', e poi ancora un momento, e un cane che ci passa vicino, le portiere della macchina aperta e una canzone che si diffonde mentre danziamo, e non c'è assolutamente niente che può scalfirci, assolutamente nulla che può farmi male, mentre mi baci, mentre ti bacio, e il mondo e le bestie e tutte le creature si mettono in ginocchio attorno a noi. Gesù, stavolta mi sono proprio innamorato.
mercoledì 20 gennaio 2010
Arms
Tipi.
"Santo cielo, perchè porti la cravatta?"
lunedì 18 gennaio 2010
hasta luego.
(...)
venerdì 8 gennaio 2010
Paradise, lost
Una serratura (s.f.) è un congegno atto a tenere chiuso, assicurato, un vano, una porta, un locale, un luogo. Generalmente una serratura è formata da un vano cilindrico, all'interno del quale molle di differenti altezze tengono sospesi dei dentini. L'inserimento di una chiave opportuna ne determina lo sblocco, e la conseguente apertura del serramento.
L'effrazione di una serratura è possibile in due possibili modi o maniere. La prima consiste nell'impiego di una chiave a cifrature profonde, che consente di trasmettere il movimento dall'esterno all'interno della camera, sollevando i cilindri; la seconda è quella di forzare la serratura con un cacciavite, un martello o altro elemento in grado di portare a termine l'effrazione.
I ladri che mi hanno sfondato la macchina non sono andati tanto per il sottile; da quando mi hanno vandalizzato la macchina, per chiudersi la serratura ha richiesto più tempo e più fatica.
L'ultima volta che sono venuto qui le serrature erano ancora a posto. Ho posteggiato esattamente nello stesso modo e tra le stesse strisce blu. L'aria gelida sibila con perfidia in cima alla collina, che si apre sul grande campo, sul prato, sul declivio; poiché è notte non pagherò nessun tagliando. Dall'altra parte della strada una statua di Mazzini mi guarda accigliata, mentre infilo le mani screpolate nelle tasche comode e grandi di questa mia giacchetta. Condivido la sua preoccupazione.
A margine della piazzetta c'è una grossa arteria che scollina proprio davanti al patriota; la strada a tre corsie ha cento efelidi di macchine che mi passano davanti. Automobili l'altra volta non ce n'erano; ma era molto più tardi. Aspetto indifferente che siano passati tutti; il momento giusto sembra arrivare, sta arrivando, poi dall'incrocio sbuca una macchina che sale in un sommo sforzo di velocità. Sfruttando un paio di semafori e di coincidenze riesco a passare. La gente non su questa strada non si ferma quasi mai; e certo che farsi investire qui sarebbe davvero di cattivo gusto.
Lei non approverebbe.
(sospiro)
Il vento gelido e feroce che mi prende a schiaffi una volta è stato una brezza tiepida e delicata, un caldo alito di giugno. Io ti tenevo il cotone leggero del coprispalle, mentre tu ancheggiavi sinuosa verso questa panchina, e com'eri bella. Se avessi avessi avuto tutte le parole del mondo sarei rimasto comunque zitto; perchè di alcune cose non si può parlare; poichè di tutto quello di cui non si può parlare, bisogna stare zitti. Il buio atroce che adesso mi preoccupa è stato un'intimità delicata interrotta solo dallo sguardo indulgente della luna. Un gruppo di ragazzi ai piedi della collina cantava Battisti; un'idea così smielata non mi sarebbe venuta in testa neanche pagandoli.
Dov'è finita la ragazza che abbracciavo, ora che mi tengo stretto per conservare un po' di calore? Le mani foderate dai guanti erano libere di toccarti eccitate; i brividi di emozione che mi prendevano ora sono il tormento e lo scuotimento di questo freddo di dicembre. Eppure più della sciarpa hanno potuto i tuoi baci sul collo
Su questa panca ci siamo seduti, e su questo lastrone di marmo ci siamo toccati avidamente; mi hai stretto forte con le tue braccia sottili e ti sei messa a pensare; io non ho potuto fare altro che cingerti le spalle e sospirare un po'. Poi ti ho accarezzata un po' con la testa, come avrebbe fatto un animale affettuoso, e poi ti ho tenuta stretta, sentendoti pensare; perchè ogni volta che pensi ho paura; e ogni volta che ti bacio, ho paura che sia l'ultima.