lunedì 18 gennaio 2010

(...)

Ogni mattina imbocco nel serpente tetro e assonnato della metropolitana. La gente non sorride, fredda. Tutto mi sembra uguale, grigio e azzimato, nei volti segaligni degli zingari che mi chiedono l'elemosina, nelle facce stanche dei passeggeri, nelle centinaia di cuffiette attaccate ai loro orecchi, nei colori scuri degli ombretti e delle occhiaie. Che cos'è questa gente, se non comparse, fondali, caratteristi di qualche vita migliore. Che cosa sono questi, se non i figuranti delle storie di pochi eletti che hanno avuto tutto.
Io sono stato uno dei migliori, per un po'. Sono stato indifferente e disincantato di fronte al mondo; e questi non ha potuto fare altro che stendersi ai miei piedi. Ho avuto il coraggio di fare astensione davanti a quanto più invitate e pieno ci fosse; e desidero e lussuria han dovuto rincorrermi. Ho finto disinteresse verso chi aveva tutti attorno; e costei ha rotto il cerchio di lacchè che aveva attorno, e mi è crollata tra le braccia.
Per qualche attimo ho potuto assaporare la perfezione memorabile e piena, per qualche istante sono stato re, principe, barone e duca; per qualche momento ho guardato queste vite miserabili e vane, questo incedere di posti fissi e di mogli obese, di figli problematici e ragazzine bulimiche, di adolescenti idioti e di vecchi rincoglioniti, di pendolari stravolti di questa metropolitana; ecco, ho detto, guardatemi con ammirazione e con vanto; poiché io sono il migliore di tutti, io sono più in alto di tutti. Ho tirato in fuori il petto, e sono stato alto e nobile, e ho avuto il collo ornato d'ermellino e di porpora rossa; e poi d'improvviso tutto se n'è andato, è fatto buio, e sono rimasto solo, a terra, sul selciato cosparso dei cocci di quello che per me è stato.

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